Édouard Manet “Le repos – Berthe Morisot”
Madame, l’Impressionismo è servito
Henri Fantin-Latour, dopo aver tratto a lungo ispirazione dai Maestri del passato, aveva incontrato Gustave Courbet nel cui studio aveva lavorato per due anni. Pur contemporaneo e ammiratore di Édouard Manet, rifiutava il modo di far arte degli impressionisti e aveva sviluppato un proprio stile preferendo le nature morte, mazzi di fiori in particolare. Intenzionato a presentare al Salon una grande tela che avrebbe aumentato il suo prestigio, si mise all’opera per dipingere un Hommage à Charles Baudelaire, il deprecato poeta dalle fantasie inconfessabili e dell’amoralità, a sorpresa anche spiritoso, visto che gli giocò l’atroce beffa di decedere anzitempo, lasciando al pittore l’onere di ripiegare su qualcosa di simile alla sua idea iniziale. Un’inaspettata scappatoia gli si presentò quando, ritrovandosi a una cena, decise di proporre ai poeti d’avanguardia presenti, che accettarono di buon grado, di fargli da modelli. Ne sortì Un coin de table, divenuto una straordinaria testimonianza sulla storia letteraria del XIX secolo dove, seduto da sinistra, si trova Paul Verlaine, accanto al grazioso viso di un accidioso, giovanissimo, Arthur Rimbaud che volta la schiena agli altri personaggi, come se cercasse d’ignorarli.
Nell’estate del 1868, com’è sua abitudine, Fantin si reca al Louvre dove tre anni prima ha conosciuto, flirtando senza successo ora con l’una ora con l’altra, le sorelle Morisot, Edma, bella e solare, e Berthe, più tenebrosa. Le due, già da dieci anni, il martedì e il giovedì frequentano quel luogo, non altro, giacché l’Accademia e la Scuola delle Belle Arti sono riservate esclusivamente agli uomini. Stavolta Fantin è accompagnato dal già famoso Édouard Manet che gli ha manifestato il desiderio di conoscere quelle giovani di cui si parla in giro. Berthe, ottima copista, apprezzata allieva del noto Camille Corot, in quel momento è impegnata a riprodurre un quadro di Rubens e l’artista ne rimane incantato. È il classico coupe de foudre. E reciproco, persino! Nasce un intensa amicizia destinata a durare fino alla morte di Manet che fornirà preziosissimi consigli, agli inizi anche risistemando un’opera della giovane. Cosa questa magari non richiesta, tanto che lei s’indispettirà parecchio per i troppi ritocchi che lui apporta al suo Madame Morisot et sa fille Madame Pontillon (La Lecture), comunque accolto al Salon del 1870. In ogni caso si stabilisce immediatamente una complicità nutrita da stima e amicizia e, più che vivere un rapporto maestro-allieva, finiranno per influenzarsi a vicenda. Sarà lei a convincere lui a sperimentare maggiormente en plein air, stimolandolo a creare quel che di meglio ha saputo donarci. Una loro presunta storia d’amore non è mai stata accertata, nonostante l’insistenza dei pettegolezzi, ed è anzi più probabile che l’affinità sia stata soltanto sublimata. Tra l’altro Édouard è sposato anche se questo, almeno per lui, non significa un granché. È nota la sua attrazione, quella sì carnale, per la modella precedente, la rossa Victorine Meurent la cui pelle morbida e lattea ha ispirato gli scandalosi Le Déjeuner sur l’herbe e Olympia. Una specie di feticcio, avida di vita ed esperienze, amante e musa eroticamente coinvolta, destinata a morire dimenticata, consumata da alcol e stenti, doloroso epilogo per quella che era stata l’ispiratrice di tanti capolavori. Galeotto il fatale incontro, Manet chiede a Berthe di fargli da modella per un’opera divenuta molto nota anche se non d’immediato successo: Le balcon. E da quel momento, per il pittore la bellezza tormentata di quella giovane diventa una vera e propria ossessione, la dipingerà ben undici volte in sette anni, e suppongo siano molti a conoscere la tela più famosa: Berthe Morisot au bouquet de violettes. Un simpatico aneddoto, poco noto, ci narra che, come omaggio per l’impegno profuso dalla ragazza nelle lunghe e malagevoli giornate di posa per quell’opera, il raffinato Édouard le dedicò un quadretto (27×22) intitolato Bouquet de Violettes, conservato fino alla propria morte dalla figlia di lei, Julie. Infatti Berthe, sei anni dopo aver conosciuto Manet, ne diventa la cognata, impalmata dal di lui fratello Eugène, un giovane serio e malinconico di cui forse non è follemente innamorata, ma che le sarà sempre accanto, amorevole e solidale. La coppia si rivelerà ben assortita e lui le ridonerà la sicurezza che l’aveva abbandonata quando la sorella Edma, l’alter ego a cui era attaccatissima, si era sposata rinunciando alla pittura a cui insieme, in connubio perfetto, si erano dedicate per tanti anni. Lei invece prosegue, costantemente sostenuta dal marito nella sua arte, divenendo una delle interpreti più rilevanti e geniali, se non la più grande pittrice dell’Ottocento. Ma non sarà una strada facile per lei, libera e insofferente ai convenzionalismi accademici che, sicura della sua vocazione, è freneticamente alla ricerca del proprio spazio in quel mondo dominato da uomini per niente propensi ad accettare l’emancipazione femminile. Il suo stile giovanile che risente delle lezioni di Corot vira di molto dopo l’incontro con Manet da cui si lascia influenzare, ma non plagiare. Gli deve praticamente tutto relativamente alla propria maturazione artistica, gliene sarà eternamente grata, ma, dopo aver seguito per tanti anni l’insegnamento del suo mentore, il suo carattere indipendente l’induce a sfidarlo, visto che lui è assolutamente contrario, aderendo a fine 1873, unica donna, alla Société fondata dai vari Cezanne, Degas, Monet, Pissarro, Renoir, Sisley, in aperta contestazione al conservatorismo del Salon. Tra le 165 opere esposte dai 29 colleghi nello studio del fotografo Nadar che ospita i dissidenti, ce ne sono 9 di Berthe tra cui la più conosciuta: Le Berceau (La culla). È la nascita dell’Impressionismo destinato a creare un grandissimo scandalo, ma se i suoi sodali sono massacrati dai critici, le sue tele vengono accolte piuttosto favorevolmente soprattutto quella appena citata di cui si apprezza la sensibilità nel delineare l’atmosfera di uno scorcio di vita quotidiana: l’amata sorella Edma che veglia sulla figlioletta Blanche. Non sono tutte rose e fiori, però, perché Albert Wolff critico de Le Figaro definisce tutti pazzi quei pittori, e offende particolarmente Berthe tanto che i suoi colleghi devono faticare non poco per bloccare il marito Eugène più che deciso a sfidare a duello il giornalista. A un’asta successiva, un detrattore va giù ancor più pesante paragonando la pittrice a una prostituta, ne nasce una rissa e Pissarro stende l’indelicato con un pugno in faccia. Pur senza rompere l’amicizia che durerà tutta la vita, Manet non condivide la scelta della pittrice e, quasi per ripicca, non la sceglierà più come modella dopo l’ultimo Berthe Morisot à l’éventail nell’anno della prima mostra degli impressionisti a cui lei, divenuta una personalità di spicco tra gli artisti del gruppo, parteciperà sino all’ultima esposizione dell’86, a eccezione della breve parentesi per maternità. Produce dipinti di grande maturità, eccellendo in quelli en plen air, con modelli la sorella Edma, le nipotine, e talvolta il marito. Non mancano i pregiudizi di chi trova riprovevole veder dipingere una donna, secondo i canoni dell’epoca destinata a un ruolo da angelo del focolare e Berthe preferisce ripiegare. Disinteressata al concetto di modernità con locomotive, getti di vapore, bistrot, balli più o meno scatenati, caro ai colleghi cui rimarrà sempre legatissima, si dedica, quasi si richiude, in un mondo che rappresenta con toccante poeticità. Con delicata armonia di colori e luce ci dona l’intima quotidianità della vita familiare, dei salotti davanti a una tazza di tè, dei giardini coi bambini che giocano, sfiorando altresì una carica erotica e sensuale in alcuni bei ritratti davanti allo specchio. Nella nuova casa che diventa il suo atelier, la pittrice, assieme a Eugène, riceve ogni giovedì gli amici più cari tra cui Émile Zola che definisce i suoi quadri note di squisita verità, Degas, Renoir e Stèphane Mallarmè, ospite fisso a leggere i propri ammirati versi. Continua ad accoglierli anche dopo la morte del marito fino a quando, colpita dall’influenza dopo aver assistito la figlia che l’ha superata senza problemi, temendo di non farcela, chiede a Mallarmé, nel caso, di occuparsi di Julie. La situazione, infatti, precipita e purtroppo Berthe scompare prematuramente a soli 54 anni. Viene sepolta, in semplicità, solo il nome e due date sulla lastra della tomba dei Manet, nel quieto cimitero di Passy dove, chi volesse passare a farle visita, da un bello scorcio riuscirà a scorgere, molto vicina, la Tour Eiffel.
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